Jef Raskin pensava fosse un modo utile di ricordarsi come programmare in Pascal, Steve Jobs lo riteneva un pezzo di arte moderna. Da qualcuno è considerato “the ultimate geek poster”.
La storia dell’informatica è piena di dualismi, ma quella di Apple lo è di più. Lo scontro infinito tra menti creative e menti tecniche ha portato alla realizzazione dei più incredibili prodotti e anche questa storia affonda le radici in una diatriba tra chi predilige la forma e chi invece la praticità.
I protagonisti sono particolarmente illustri: parliamo dei due padri dell’Apple Macintosh, Steve Jobs e Jef Raskin. L’anno è il 1979: un paio di anni prima era uscito l’Apple II. Erano anni incredibili per Apple, Steve Jobs si era circondato di menti brillanti e stava nascendo l’informatica moderna.
La storia di questo poster è particolare, una delle tantissime incredibili storie che hanno caratterizzato quegli anni.
Non fosse stato per Lucas Wagner, che ha raccontato come e perché questo poster è nato in un vecchio articolo su Slashdot poi ripubblicato su VintageComputer, probabilmente non avremmo mai saputo perché esiste un poster dal design così particolare, semplicemente per spiegare le basi del linguaggio di programmazione Pascal.
Dopo aver ritrovato in casa una copia del poster, Wagner ha contattato diversi vecchi dipendenti Apple e ha infine comunicato via email con Jef Raskin che gli ha raccontato i dettagli che stava cercando.
Apple Pascal
Ma facciamo un piccolo passo indietro: a che serviva il Pascal e come è legato ad Apple? Nel 1977, come vi dicevo, esce l’Apple II, il primo “Personal Computer”. Invece del BASIC, per l’Apple II viene scelto di utilizzare un linguaggio di programmazione nuovo, moderno ed efficiente: era l’Apple Pascal, diretta evoluzione dell’UCSD Pascal System creato da Niklaus Wirth nel 1970, in onore del matematico francese Blaise Pascal che inventò i calcolatori meccanici nel 17mo secolo.
Su Apple II girava un compilatore Pascal scritto da Bill Atkinson, che ne era anche il primo e più importante programmatore.
La scelta di utilizzare il Pascal invece del molto più semplice e primitivo BASIC non fu per niente scontata: A Steve Jobs sembrava una scelta inutilmente complicata, pensava che all’Apple II bastasse il BASIC ed era molto più concentrato sui reali programmi forniti con il computer rispetto ai linguaggi supportati dallo stesso.
Ma Atkinson riuscì a convincerlo della bontà del linguaggio e di come questo avrebbe potuto costituire un punto di forza enorme per la nuova piattaforma, mettendo le basi concrete al software di terze parti che sarebbe poi arrivato proprio grazie a quella scelta.
Il Pascal è per molti informatici della mia età un punto di inizio: ho imparato a programmare da adolescente su Commodore 64 con il BASIC, ma è stato alle superiori che ho davvero capito cosa stavo facendo mentre durante le ore di informatica mi insegnavano il Pascal su un vecchio Olivetti M24. I costrutti, le variabili, la base della programmazione moderna, era già tutto lì e da allora quelle basi mi sono servite innumerevoli volte, perché tornano costantemente in ogni linguaggio di programmazione. All’epoca c’era il Turbo Pascal di Anders Hejlsberg, che sarebbe poi evoluto in Object Pascal e in seguito in Delphi… Una volta imparato a programmare in Pascal, si può programmare in quasi ogni linguaggio, sfruttandone le stessi basi e semplicemente imparando una nuova sintassi.
Ma non voglio divagare, scusate.
Serve un poster!
Jef Raskin stava lavorando su Apple Pascal in previsione di portarlo su Apple II e in seguito sul Macintosh, quando si rese conto che la documentazione classica del linguaggio non si adattava al nuovo compilatore di Atkinson: la sintassi differiva in alcuni punti e serviva quindi creare una serie di riferimenti per i programmatori.
Jef cominciò a lavorare ad una serie di schematizzazioni dei principali costrutti e della sintassi logica del linguaggio, un riferimento comodo ed indispensabile per i programmatori che volevano cimentarsi con Apple Pascal, da stampare e distribuire in sede ad Apple. Lavorò molto al progetto, semplificando tutta una serie di schemi simili che giravano in quegli anni, applicando un codice colore molto rigoroso che rendeva ancora più chiaro il tutto e scegliendo un formato poster, in modo tale che ogni programmatore di Apple potesse appendersene uno nel proprio cubicolo.
I Post-it arriveranno solo l’anno dopo, nel 1980, e a quei tempi i programmatori erano tutto meno che ordinati. Vigeva la legge del foglio sparso… e un poster come quello era davvero una grande idea.
Tutto perfetto quindi? Bastava mandarlo in stampa distribuirlo ai programmatori di Apple, fine della storia, giusto?
Per niente. Perché prima di andare in stampa serviva l’approvazione di Steve Jobs.
Fammelo rosa
Quando Jobs vide il progetto di Raskin ne intuì subito le potenzialità di marketing. Dove Raskin vedeva un semplice poster con schemi di riferimento per programmatori, Jobs vedeva un’opera grafica bellissima… o meglio, con un grande potenziale. Essì perché Steve approvò il progetto e ne consentì la messa in stampa, ma solo dopo che questo fosse stato ridisegnato da un grafico assunto appositamente. Venne chiamato Tom Kamifuji, un artista di San Francisco in voga in quegli anni e gli venne detto di modificare il lavoro di Raskin in modo da renderlo “più artistico” (che non significa un bel niente, voglio sottolinearlo)
Kamifuji, va ammesso, non fece il disastro che sarebbe potuto venire fuori: mantenne gli schemi e le sintassi intatte (e vorrei anche vedere!) modificando il progetto grafico in modo da renderlo più uniforme. Quello che però fece di sbagliato fu cambiare completamente lo schema colori: come detto Raskin aveva applicato diversi colori in funzione del tipo di costrutto o sintassi specifica, rendendo il tutto più leggibile e comprensibile ad un programmatore.
Ma ne Jobs, ne tanto meno Kamifuji, erano programmatori: a loro interessava solo che il poster fosse “bello”. E così nacque il poster che vedete in questo articolo, con quei colori accesi, con quella parte in alto a sinistra in “rosa su rosa” che tanto fece arrabbiare Raskin… gli “identifier” del Pascal ad esempio sono rappresentati in quattro diversi colori: viola, arancio, verde e rosa… posso solo immaginare cosa pensò Raskin quando vide il lavoro di Kamifuji.
Beffa delle beffe, l’artista inserì solo la sua firma nel poster definitivo, unico credito visibile, ulteriore smacco per Raskin.
Apple Pascal Syntax Poster
Ed eccolo qua il mitico Apple Pascal Syntax poster del 1979:
Non si sa esattamente quante copie furono stampate di questo poster leggendario. Si sa che ogni programmatore di Apple ne aveva una copia e che ne vennero distribuite diverse copie anche a programmatori esterni. Venne inoltre utilizzato, proprio come voleva Jobs, per promuovere l’Apple Pascal e Apple stessa, inviandolo ai distributori e negozi della California.
Quindi ora sapete come questo bellissimo poster è nato, perché ha quegli strani colori e perché è stato importante per la storia dell’informatica in generale e dell’Apple degli albori in particolare.
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FONTI
- The History of Apple’s Pascal “Syntax” Poster, 1979-80 (vintagecomputer.ca)
- The Apple Pascal Syntax Poster (attentionspan.nl)
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