(Italia, 1970)
Poco dopo aver finito il lavoro sulla leggendaria Valentine, Ettore Sottsass si mise subito al lavoro insieme ad Hans Von Klier su un nuovo progetto: la prima macchina da scrivere elettromeccanica portatile di Olivetti, la Lettera 36.
Il risultato presenta molti dei tratti distintivi del lavoro di Sottsass: accenti colorati fortissimi, la tastiera sospesa ed elementi a forte contrasto, in questo caso il coperchio in plastica nera che risalta sul corpo in metallo bianco.
La Lettera 36 casca a metà tra due epoche: passa dalle rotondità degli anni sessanta alle linee decise e degli anni settanta e ottanta.
Il primo modello aveva una particolare tastiera con tasti “ad isola”, separati tra loro e di forma rotonda, una anticipazione del design che rivedremo su tanti computer portatili oltre quaranta anni dopo. Quella prima versione risultava però alquanto scomoda per la battitura e Sottsass lavorò quasi subito ad un redesign che introdusse nuovi tasti quadrati molto più comodi e che meglio si sposavano con il progetto generale. Il risultato di quell’aggiornamento è la versione che vedete fotografata in queste pagine.
Per realizzarla ci si basò sulla meccanica della Lettera 32 a cui vennero aggiunti una serie di attuatori elettrici che muovevano automaticamente i martelletti alla pressione dei tasti. La Lettera 36 era una specie di Frankenstein dal punto di vista tecnico e pagò questo azzardo in termini di affidabilità.
Purtroppo ebbe per anni la brutta reputazione di rompersi molto facilmente: era rumorosa e inutilmente complicata, ma, grazie soprattutto al suo prezzo aggressivo e all’effetto novità dell’attuazione elettrica, vendette comunque molto e costituì la base su cui Olivetti creò tutta una serie di nuove macchine elettromeccaniche più avanzate e affidabili.
Sebbene fosse venduta come una macchina portatile, i meccanismi del motore elettrico e la scocca interamente in metallo la facevano pesare oltre 7 kg: era più una macchina “trasportabile” che una vera portatile. Per capirci la Valentine, oltre ad avere una comoda maniglia per il trasporto, pesava quasi la metà: 3,8 Kg.
La versione italiana della macchina utilizza il classico layout QZERTY utilizzato all’epoca da tutte le macchine vendute nel nostro paese, ma ne sono state prodotte versioni con layout differenti a seconda della lingua a cui erano rivolte.
Pur essendo elettrica, o meglio elettromeccanica, non aveva nessuna funzionalità aggiuntiva rispetto alle macchine puramente meccaniche. Nei modelli elettrici degli anni seguenti vedremo arrivare funzioni come l’allineamento, la tabulazione e altro.
Era però possibile cambiare la spaziatura tra i caratteri e le linee tramite due comodi controlli a rotella posti frontalmente sotto alla tastiera. Anche l’accensione e spegnimento del motore elettrico si attiva con una controllo a rotella, facendolo girare verso destra e sinistra e rivelando uno zero verde e un uno rosso, dettagli molto belli e moderni e tocco inconfondibile di Sottsass.
La tastiera ha le stesse limitazioni della Lettera 32 su cui è basata: manca il tasto per il numero 1 e il numero zero (che si otteneva utilizzando rispettivamente la lettera “l” minuscola e la “O” maiuscola) e mancano anche i tasti per le vocali accentate maiuscole che andavano sostituite dalle lettere normali seguite dall’apostrofo.
A oltre cinquant’anni dalla sua messa sul mercato, la Lettera 36 ha forme incredibilmente attuali: anzi, ancora oggi risulta futuristica, ennesima testimonianza della bontà delle linee ideate dal grande Ettore Sottsass.
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