(USA, 2001)
Il 2001 fu un grande anno per Apple. Steve Jobs era da poco tornato alla guida della società dopo il suo allontanamento di qualche anno prima.
Durante il Macworld di gennaio, l’evento usato da Apple per introdurre i nuovi prodotti e servizi ogni anno, Jobs fece il famoso discorso sul “digital hub”: era in corso una nuova era dell’informatica e dell’elettronica di consumo in generale, in quegli anni stavano uscendo tantissimi nuovi dispositivi digitali (lettori DVD portatili, macchine fotografiche digitali, lettori MP3, videocamere digitali, etc..) i computer Macintosh sarebbero dovuti diventare il “digital hub” di questo nuovo “digital lifestyle” che stava nascendo. Sempre in quel Macworld fu introdotta la prima versione di iTunes e nell’ottobre di quell’anno sarebbe uscito il primo iPod che fu il primo “pezzo” della nuova Apple: la sua evoluzione portò all’introduzione di iPhone e iPad e della Apple che conosciamo oggi.
All’inizio del 2001 Apple stava cercando il modo di diventare davvero grande. Era ancora dopo tanti anni un brand di nicchia, nel mondo dell’informatica i “numeri” veri li facevano altri player e Apple sopravviveva grazie ad uno zoccolo duro di appassionati e a qualche particolare verticalità, ma non riusciva ancora a trovare la via della grandezza.
Nel 1998 i nuovi iMac erano stati un grande successo, ma la linea di portatili della Mela, soprattutto la linea professionale, non brillava per originalità e appeal. Il mercato dei portatili stava esplodendo: finalmente l’introduzione di nuove tecnologie legate alla miniaturizzazione delle schede madri, ai monitor LCD e alle batterie cominciava a permettere di realizzare computer portatili davvero potenti, con ottimi monitor e con una autonomia accettabile. Anche i prezzi stavano scendendo moltissimo: i portatili degli anni novanta erano oggetti per pochi fortunati professionisti che potevano spendere cifre altissime perché erano obbligati dal loro lavoro ad optare per un computer portatile invece che per un normale desktop. Finalmente si cominciava a considerare il portatile come una alternativa alla workstation fissa.
Serviva una novità vera, così come gli iMac erano stati un cambio di 180 gradi rispetto ai computer desktop dell’epoca, ora serviva un nuovo portatile che sembrasse uscito dal futuro: serviva un design radicalmente diverso.
Per il mercato professionale Apple aveva a catalogo il Powerbook G3, un buon computer amatissimo dai suoi estimatori, soprattutto per la sua particolare modularità (aveva due comode slitte a sinistra e a destra in cui inserire moduli diversi: hard disk, disk drive, batterie, etc..) e per la potenza del processore G3. Per il mercato consumer invece c’erano gli iBook G3 che riprendevano le forme e i colori degli iMac. Era tutti portatili con scocca in plastica e con un design che invecchiò molto in fretta: iconico per quegli anni, ma obsoleto se rivisto oggi.
Apple cambiò letteralmente tutto. Il nuovo Powerbook G4 Titanium già dal nome svelava la sua novità più eclatante: la scocca non era più in plastica, ma in metallo.
E non un metallo qualunque, Jobs puntò tutto sul meglio che si potesse utilizzare (almeno sulla carta) e mise in produzione un portatile realizzato in Titanio, un materiale resistente e al tempo stesso leggerissimo, perfetto per un portatile. Il monitor era incredibile. Questo fu il primo portatile Apple ad utilizzare un rapporto di forma panoramico per il suo schermo, introducendo quello che diventerà poi molto velocemente uno standard per tutta l’industria: basta i monitor 4:3, un rapporto che derivava dai vecchi schermi a tubo catodico degli anni ottanta e novanta, il futuro sarebbero stati display a cristalli liquidi (LCD, Liquid Crystal Display) con rapporto 16:10, che meglio si adattavano alla nuova era digitale che stava nascendo. I bordi attorno all’LCD erano incredibilmente sottili e perfettamente simmetrici, ci vorranno poi diversi anni per ritrovare bordi del genere in un portatile. Il pannello era un TFT opaco da 15,2 pollici e con una risoluzione di 1152×768 pixel, non incredibile per i parametri di oggi, ma eccezionale per l’epoca.
All’esterno fu finalmente girata la mela: tutti i portatili di Apple fino a quel momento avevano il logo girato verso chi li guardava da chiusi (il proprietario si presume) e quindi risultavano capovolti quando si apriva lo schermo.
Finalmente Apple si decise di girare il logo in modo che fosse dritto per chi guardava il computer aperto. Un dettaglio non da poco se si pensa a quanto fu importante per Apple la sua riconoscibilità negli anni successivi, quando i portatili invasero il mercato e gli Starbucks di tutta America si riempirono di Powerbook e iBook con il loro design così particolare e la mela in bella vista per tutti. Il nuovo Powerbook G4 era anche estremamente sottile per l’epoca: si raggiunse la soglia psicologica del singolo pollice di spessore, un numero non certo scelto a caso e fortemente voluto da Steve Jobs che impose quella soglia ai suoi ingegneri. Un solo pollice di spessore, cioè 2,5 cm, era una caratteristica eccezionale per l’epoca.
Il nuovo microprocessore PowerPC G4, unito ad una scheda video dedicata prodotta da ATI, ne facevano poi una macchina estremamente portatile ed adatta ai nuovi software di montaggio video, grafica e musica.
Col G4 arrivò il “Velocity Engine”, un nuovo insieme di istruzioni SIMD in virgola mobile sviluppato da Apple, IBM e Motorola (l’alleanza AIM) che non aveva paragoni e mise in seria difficoltà Intel. Apple stava in quegli anni costruendo la sua suite di software per professionisti della creatività, da Final Cut Pro a Logic Pro, fino alla compatibilità con le suite di Adobe e Macromedia. Il Powerbook G4 era la macchina perfetta per chi aveva bisogno di lavorare con quei software e la possibilità di farlo spostandosi facilmente era un valore aggiunto gigantesco. Stavano nascendo tantissime nuove professioni legate al digitale e i tanti nuovi liberi professionisti di quegli anni (me compreso) spesso non avevano un ufficio fisso in cui lavorare, ma si muovevano da un posto all’altro: oggi lavoravi da casa, il giorno dopo eri in uno studio di grafica, quello dopo in uno di montaggio video, e così via.
Si era persa la modularità del vecchio Powerbook G3, ma il nuovo Powerbook G4 rimaneva facilmente aggiornabile: bastava premere due tasti per sollevare la tastiera senza neanche svitare una vite e accedere agli slot della RAM ad esempio.
Sul fondo otto viti standard Phillips erano la sola cosa da svitare per rimuovere il pannello in titanio e accedere a tutto il computer potendo quindi aggiornare l’hard disk o installare una scheda AirPort interna per accedere alle sempre più diffuse reti Wi-Fi. Il design era qualcosa di mai visto prima: minimale, dalle linee dritte e simmetriche, completamente differente rispetto all’estetica utilizzata da Apple e in generale da tutta l’industria fino a quel momento che proponeva portatili di plastica e rotondeggianti. Con il Titanium il team di industrial design di Apple, capitanato da Jonathan Ive, trovò le linee e gli stilemi dell’Apple del nuovo millennio. Il portatile aveva le casse ai lati della tastiera centrale con le griglie bucate integrate nella scocca, il touchpad centrale e di grandi dimensioni, la forma a parallelepipedo con il monitor estremamente sottile sovrapposto al corpo principale senza nessun elemento di disturbo che uscisse dalle linee base. Tutti i principali prodotti di Apple praticamente fino ad oggi riproporranno quello stile.
Quando arrivò in commercio nella primavera del 2001 e cominciarono ad uscire le recensioni della stampa specializzata si capì subito che il Titanium sarebbe stato un grande successo commerciale. Le valutazioni furono generalmente eccellenti: la potenza del nuovo G4, unita allo schermo strepitoso e al nuovo design che racchiudeva il tutto in un computer sottile e leggero erano una combinazione davvero eccezionale. Il prezzo era alto, ma non così alto come lo erano stati i portatili professionali fino a qualche anno prima. Si partiva da 2500 dollari (3800 dollari di oggi) ma era un investimento fattibile per chi cercava un vero “desktop replacement” per lavorare in mobilità. I problemi arrivarono nei mesi e anni successivi ed erano tutti legati ad una scelta: l’uso del titanio. Era la prima volta che Apple (e non solo Apple) usava il titanio per i suoi computer: la scelta era stata dettata dalla leggerezza e dalla “vendibilità” di questo metallo, Steve Jobs lo aveva voluto a tutti i costi, ma il titanio è anche un metallo molto difficile da lavorare e non bellissimo da vedere quando si ossida perché esposto all’aria.
Per questo la scocca del Powerbook G4 fu completamente verniciata: di un bianco perla nelle parti esterne e di un classico argento in quelle centrali. Ma quella vernice cominciò a venire via molto facilmente già dopo qualche settimana di uso rivelando il titanio molto scuro (praticamente nero) che era stato nascosto sotto. Inutile dire che graffi neri ed intere parti di scocca sverniciata non erano proprio belli da vedere su un computer così costoso e particolare. Ma il problema più grosso arrivò dal display: fu scelto di montare il monitor su due piccole cerniere a sinistra e a destra del corpo centrale che lo lasciavano come sospeso in aria, ottenendo un bell’effetto estetico e al tempo stesso lasciando completamente libero il lato posteriore del computer in cui vennero inserite tutte le porte di I/O. Avere le porte dietro era una soluzione molto elegante che nascondeva alla vista i cavi collegati. Oltretutto le porte quando non erano usate erano anche nascoste da uno sportello che aprendosi aveva una comoda legenda con i diversi simboli stampati per identificare facilmente le tante e diverse connessioni presenti.
Tutto bellissimo e funzionale, ma la scelta di fare le cerniere così piccole ed eleganti portò a due problemi enormi.
Il primo problema riguardava il cavo che passava dentro alle cerniere e collegava il display alla scheda madre: era per forze di cose piccolo e doveva affrontare angoli e torsioni estremi e col tempo dava problemi di connessione, scollegando completamente o parzialmente il monitor e necessitando di un intervento di riparazione molto complicato e costoso. Il secondo problema era ancora più grave: le cerniere avevano anche il brutto vizio di spezzarsi. Nonostante questi problemi il TiBook, come venne soprannominato dai suoi tanti estimatori, ebbe un grande successo e alzò enormemente l’asticella per tutti i produttori di computer portatili. Contribuì a svecchiare un segmento dell’informatica che stagnava dal punto di vista del design e che come ho spiegato sarebbe poi diventato l’asse portante del settore per molti anni a venire, soppiantando il dominio assoluto dei computer desktop sia in ambito professionale che consumer.
Dopo soli due anni, nel 2003, arrivò una nuova versione del Powerbook G4 con un design aggiornato che presentava linee ancora più semplici e lineari, praticamente identiche ai MacBook di oggi, e sostituiva il titanio con un nuovo metallo: l’alluminio. Sarà quella la scelta definitiva per Apple che introdurrà questo metallo progressivamente su tutti i suoi computer.
Il Powerbook G4 Titanium verrà per sempre ricordato come il portatile che portò Apple e tutta l’industria nel nuovo millennio, imponendo un nuovo altissimo livello da cui derivano buona parte dei computer portatili che usiamo ancora oggi.
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