Il termine stesso PDA è stato coniato da Apple durante la presentazione del Newton del 7 gennaio 1992 quando John Sculley (CEO di Apple dell’epoca) utilizzò proprio “Personal Digital Assistant” per descrivere il nuovo prodotto al Consumer Electronics Show di Chicago. La storia del Newton inizia però diversi anni prima, e passa attraverso uno dei tradimenti più famosi della storia dell’informatica.
Nel 1989 Marc Porat entra nell’ufficio di John Sculley, l’allora CEO di Apple, con un’idea apparentemente rivoluzionaria: un dispositivo a tutto schermo con tutto quello che ti serve per organizzare la tua giornata. Porat mostra a Sculley un disegno sulla sua agenda che rappresenta una ideale scrivania sulla quale poggiano un’agenda per la gestione degli appuntamenti, una rubrica con i numeri di telefono, un blocco note con gli appunti… vi ricorda qualcosa? Il tutto collegato alla rete senza fili, per rimanere aggiornato e sincronizzarsi di continuo con il proprio computer di casa, permettendo il lavoro il mobilità. E poi diverse applicazioni aggiuntive per gestire qualunque possibile utilità quotidiana, sia personale che lavorativa. Il tutto doveva essere contenuto in un dispositivo piccolo ed elegante, che fosse “bello e percepito come di valore anche quando non in uso”.
“A tiny computer, a phone, a very personal object… It must be beautiful. It must offer the kind of personal satisfaction that a fine piece of jewelry brings. It will have a perceived value even when it’s not being used… Once you use it you won’t be able to live without it.”
Marc Porat

Il pennino in plastica del Newton MessagePad
Porat aveva visualizzato uno smartphone, quasi vent’anni prima che arrivasse l’iPhone. Sculley non ha la stessa abilità di visionario e accetta di creare un piccolo team interno ad Apple più per levarsi di torno Porat che per altro.
Il progetto necessita di finanziamenti ingenti e delle migliori menti di Apple per essere realizzato, ma Sculley non vuole investire sull’idea di Porat. Così nel 1990 Marc riesce a convincere il CEO di Apple a creare una nuova società con cui portare avanti quell’idea, in modo da poter accettare finanziamenti da altre aziende e creare partnership tecnologiche strategiche. Nasce così General Magic, fondata da Marc Porat, Andy Hertzfeld e Bill Atkinson, con Apple che prende solo una piccola quota di minoranza. Negli anni successivi General Magic riesce ad instaurare partnership con Sony (per realizzare l’hardware) e con AT&T (per la connessione alla rete) e comincia a concretizzare l’idea di Porat.
Sculley però gioca sporco. Non ha detto a Porat che all’interno di Apple c’è già chi lavora da anni ad un prodotto simile al suo. Steve Sakoman, dopo aver realizzato con HP uno dei computer portatili più significativi della storia (l’HP 110) nel 1984 viene assunto da Apple e nel 1986 si ritrova ad annoiarsi dopo il lancio del Macintosh. Vuole fare qualcosa di nuovo ed innovativo. Pur di non farlo scappare dalla società, Jean-Louis Gassee (VP di Apple) gli permette di creare un suo team interno e gli da carta bianca. Sakoman vuole realizzare un dispositivo simile ad un tablet, delle dimensioni di un foglio A5, che sia in grado di interpretare la scrittura umana e di convertirla in testo digitale, in modo da permettere l’inserimento di note attraverso un pennino. Siamo nel 1987, tre anni prima dell’incontro tra Porat e Sculley.
Anche l’idea di Sakoman era troppo avanti per la tecnologia dell’epoca e nei primi tre anni il team conclude ben poco. Ha cercato di risolvere il problema hardware per primo, ma la CPU realizzata in collaborazione con AT&T (la AT&T Hobbit) risulta essere piena di bug e troppo costosa. Realizzare un dispositivo con quel processore imporrebbe un prezzo al pubblico di almeno seimila dollari. Ricordate che fino a questo momento tutti i PDA immessi sul mercato hanno semplicissimi schermi testuali, non certo schermi touchscreen e interfacce grafiche come immaginate da Porat o Sakoman. La sfida tecnologica è enorme.

In primo piano, a sinistra: marc porat, a destra: john scully
Torniamo al 1990 e Sakoman è ormai avvilito: ci ha provato, ma è impossibile. Anche la parte software, in particolare quella destinata al riconoscimento della scrittura umana, è ancora molto indietro e non funziona per niente bene.
Sakoman decide di abbandonare il progetto e lascia Apple. Fonderà nello stesso anno Be Inc. con cui rilascerà poi il sistema operativo BeOS per computer desktop, ma questa è un’altra storia.
Quel 1990 è insomma cruciale. Sculley incarica Larry Tesler di capire come andare avanti su questi benedetti PDA di nuova generazione: ci sono due diversi team che non si parlano tra loro in Apple e che stanno facendo cose simili. Cosa è meglio fare? Apple decide di lasciar andare il team di Porat (che come detto fonderà General Magic) promettendo un appoggio al suo progetto che non arriverà mai e contemporaneamente incarica Tesler di riprendere in mano il progetto di Sakoman e cercare di arrivare a qualcosa di concreto.
Nel mesi successivi Tesler incontra i dirigenti di Acorn, azienda inglese che produce computer e processori, e scopre che hanno realizzato una CPU che offre una potenza decente in cambio di un consumo energetico minimo, l’Acorn RISC Machine (ARM). Apple investe tre milioni di dollari nello sviluppo di un nuovo processore con quel design che sarà alla base dell’hardware del Newton.
Sul lato software Tesler riassume Steve Capps per guidare il progetto. Capps aveva lasciato Apple dopo aver seguito il lancio del Macintosh e negli ultimi anni aveva immaginato un Macintosh con interfaccia a penna… proprio quello che serviva al team del Newton. L’idea di Capps era di realizzare una superficie su cui scrivere e disegnare qualunque cosa: il computer sarebbe stato poi in grado di tradurre quelle scritte in testo e quei disegni in comandi, un po’ come avviene oggi con le gesture su smartphone. Pensarlo era una cosa, ma realizzarlo per davvero nel 1990 era fantascienza (e anche qua la faccia di Asimov ci sarebbe stata bene…)
Alla fine la soluzione arriva nella maniera più inaspettata. Al Eisenstat (uno dei VP di Apple) è in visita a Mosca quando sente bussare alla porta del suo hotel. Apre la porta e si ritrova davanti un russo molto nervoso che gli mette in mano un floppy disk e scappa.
Eisenstat carica il disco e si ritrova davanti la demo di un software di riconoscimento della scrittura che sembra funzionare molto bene. Questa storia purtroppo non sarà mai confermata ufficialmente, ma era troppo bella per non raccontarvela. In ogni caso quell’anno Apple firma un contratto di collaborazione con il russo Stepan Pachikov e la sua neonata ParaGraph International. E anche il problema software sembra risolto.
La combinazione della nuova CPU di Acorn, del riconoscimento della scrittura di ParaGraph e della visione di Steve Capps rimettono il progetto Newton sui giusti binari e si comincia a sviluppare veri prototipi hardware e a discutere delle dimensioni effettive dell’oggetto. In questo primo periodo girano tre diverse dimensioni possibili, ma è Sculley a mettere un punto fermo sulla questione: il Newton dovrà essere abbastanza piccolo da entrare nelle tasche della sua giacca.
Nel frattempo, ve lo ricordo, Porat è in pieno sviluppo con la sua General Magic, sta con fatica mettendo in piedi il suo primo prototipo, ma è rallentato tantissimo dalla questioncina “sempre connesso alla rete” e dalla partnership con AT&T che non ha ancora portato ad una soluzione efficiente. General Magic continua a “vendere” ai suoi investitori un prodotto che non è in grado di realizzare, ha bisogno di tempo, di altri anni di sviluppo. Chiede aiuto ad Apple, che però fa orecchie da mercante, ufficialmente infastidita dalla partnership instaurata con Sony per la realizzazione dell’hardware (e anche perché, ma questo Porat non lo poteva sapere, stava già sviluppando internamente un prodotto concorrente!)
Sculley decide di premere sull’acceleratore e affretta i tempi. Chiede al team di Tesler di arrivare ad un prototipo funzionante perché vuole presentarlo al CES. Niente funziona ancora bene, ma il CEO di Apple è irremovibile: sa che deve battere sul tempo General Magic, perlomeno nel presentare quelle idee, quel modo di usare un dispositivo.
Il 29 maggio 1992 Sculley sale sul palco del Consumer Electronics Show di Chicago e mostra al mondo l’Apple Newton MessagePad. La demo è largamente scriptata dagli ingegneri Apple, è quasi tutto “finto”, in modo da non mandare in crash il nuovo dispositivo.
Il pubblico e i giornalisti presenti all’evento impazziscono e cresce in tutto il mondo un’hype incredibile per il nuovo rivoluzionario dispositivo di Apple. In effetti il Newton aveva mostrato funzionalità mai viste prime e una interfaccia incredibile. La demo aveva visto Sculley abbozzare figure geometriche che diventano cerchi e quadrati perfetti, per poi muoverli in giro per lo schermo. Scrivere a mano libera e vedere il testo convertito in pochi istanti. Era un modo tutto nuovo di utilizzare un dispositivo di quel tipo, erano novità elettrizzanti.
Pensate quanto era “elettrizzato” invece Marc Porat, che tra l’altro era presente a Chicago mentre Sculley presentava al pubblico la “sua idea”. Sarebbe stato l’inizio della fine per General Magic che non aveva più la carta novità da giocare e al tempo stesso continuava a promettere un prodotto che ancora non era in grado di realizzare. La società di Porat continuerà a provarci per anni senza successo, fino a chiudere nel 2004, solo pochi anni che arrivasse sul mercato il primo vero smartphone. Creato da Apple, naturalmente parlo del primo iPhone del 2007, ma questa è un’altra storia che vi racconterò in un altro numero di EPIC.
Torniamo al 1992: Sculley ha affrettato i tempi, si è giocato la carta innovazione, ma non ha ancora in mano un prodotto vendibile. Non viene ancora comunicata infatti una data di uscita per l’Apple Newton.
Il team è sotto una pressione altissima. Dopo qualche mese cominciano ad uscire articoli che si chiedono quanto della demo mostrata da Sculley al CES fosse reale e quanto invece completamente inventato. Gli ingegneri lavorano in quei mesi fino a venti ore al giorno per arrivare ad un prodotto davvero funzionante: sono ritmi assurdi che portano addirittura al suicidio dell’ingegnere trentenne Ko Isono nel dicembre del 1992.
Arriva finalmente una data di uscita ufficiale e aprono i preordini: l’Apple Newtown arriverà nei negozi il 2 agosto 1993.
Il Newton MessagePad 100 viene messo in vendita quindi nel 1993 per 900 dollari (1800 dollari di oggi). Per quei soldi, non pochi, era possibile acquistare un dispositivo estremamente innovativo, ma con ancora un sacco di problemi di funzionamento. Per interagire con il piccolo tablet si utilizzava una stilo di plastica su uno schermo LCD in bianco e nero senza retroilluminazione grande circa 3,5 per 4,5 pollici (9,9 per 11,4 cm) e con una risoluzione di 240×320 pixel.
La funzione principale e più pubblicizzata del Newton, il riconoscimento della scrittura, non funzionava esattamente bene. Andava addestrata accuratamente sulla scrittura del suo proprietario e spesso non riconosceva un bel niente.
L’opinione pubblica del tempo reagì molto male. Il Newton divenne l’esempio perfetto di “gadget costoso che non serve a niente” e fu preso in giro aspramente dalla stampa e anche da autori comici molto popolari: è famosa la striscia di Doonesbury di Garry Trudeau in cui il protagonista cerca di far riconoscere la sua scrittura ad un Newton con risultati imbarazzanti.
Esce addirittura un episodio dei Simpsons in cui Nelson dice ad un amico di scriversi un appunto sul suo Newton: scrive “Beat Up Martin” e a schermo compare “Eat Up Martha”.
I problemi al riconoscimento della scrittura non sarebbero di per se stati così gravi se non fosse stato per l’enorme hype che aveva avvolto per un anno intero il prodotto. Le aspettative erano enormi e averle disattese, anche se non completamente, fu fatale ad Apple e al suo marketing. Le altre utilità del Newton funzionavano bene, ma poter creare note, cercare contatti in rubrica, aggiungere appuntamenti al calendario, usare una calcolatrice e risolvere semplici formule matematiche non erano niente che non si fosse già visto in tanti altri PDA. Certo, con un altro tipo di interfaccia, ma il risultato non cambiava e c’erano già alternative molto più economiche, veloci e pratiche sul mercato.
Alcune funzioni del Newton erano comunque assolutamente avveniristiche, ma scomparvero tra le mille polemiche. Era possibile ad esempio leggere libri, dei veri e propri ebook, quattordici anni prima del Kindle di Amazon.

Nella parte superiore vediamo la porta a infrarossi e quella di espansione per schede pcmcia che potevano ospitare programmi e utilità di ogni tipo
Il Newton sarebbe stato davvero utile se solo fosse esistita una infrastruttura wireless con cui collegarlo alla rete. Il primo standard WiFi arriverà solo nel 1997 e la rete cellulare era ancora analogica nel 1993. Il Newton era equipaggiato di una porta ad infrarossi con cui era possibile condividere dati tra due Newton, ma dovevano essere a poca distanza tra loro, nella stessa stanza. Il modo principale di sincronizzare i propri dati, aspetto fondamentale per un PDA, rimaneva il collegamento via cavo con il proprio computer desktop, niente di davvero nuovo per l’epoca.
Fu sviluppato un sistema operativo proprietario, il Newton OS, e un suo linguaggio di programmazione, il NewtonScript, con il quale era possibile sviluppare app in maniera abbastanza facile e installarle velocemente semplicemente copiandole sul dispositivo via cavo o via infrarosso. Erano le basi dei moderni App Store.
Il primo Newton MessagePad 100 fu semplicemente considerato un “beta test” dagli appassionati dell’epoca. Negli anni successivi arrivarono nuovi modelli, il 110, il 120 e il 130 con cui arrivò anche il primo grande aggiornamento al sistema operativo, il Newton Os 2.0, che portò con se un riconoscimento della scrittura di molto migliorato e tantissime nuove funzionalità. Arrivarono anche molti programmi sviluppati da terze parti grazie al NewtonScript. Di fatto il Newton negli anni successivi divenne un dispositivo davvero comodo e utile, ma non abbandonò mai quella immagine di “gadget costoso che non funziona” nella testa del consumatore medio.
Alla fine furono venduti solo poco più di 200.000 unità, molto meno delle aspettative di Apple per il prodotto.
Era la fine degli anni Novanta, un periodo molto brutto per Apple. Nel 1996 Steve Jobs vendette ad Apple la sua NeXT e tornò a Cupertino come amministratore delegato (o meglio, come “iCEO”…) e nel 1998 si rifiutò accettare il piano di creare una società spin-off per il Newton e cancellò il progetto definitivamente. Era la fine del Newton, ma, come ben sappiamo, non certo la fine dei PDA moderni: quell’esperienza consentirà ad Apple di iniziare a lavorare su un progetto molto più ambizioso, l’iPhone.

Nella confezione del newton messagepad c’era anche una vhs con un video di presentazione

Il newton messagepad aveva un manuale d’uso di centinaia di pagine che descrivevano ogni funzione e modalità d’uso
Continua a leggere la Nascita dei PDA in quattro diversi articoli su EPIC.03 e qui sul sito:
- Sharp PC-1211
- Psion Organiser
- Apple Newton MessagePad
- La Storia di Palm Inc.
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