Gli anni Settanta sono appena finiti e l’informatica moderna sta timidamente nascendo. I computer desktop hanno cabinet molto grandi con sopra monitor a tubo catodico altrettanto giganti. Il primo PC di IBM, il 5150 Personal Computer, uscirà l’anno successivo, nel 1981 (recuperate la storia dei Personal Computer in EPIC.02)
Il mondo era dominato dalle calcolatrici programmabili americane, HP e Texas Instruments si dividevano quella nicchia di mercato, ma furono i giapponesi i primi a miniaturizzare tanto un computer da renderlo tascabile e utilizzabile in mobilità alimentato da una batteria.
Sharp lo fece introducendo un prodotto davvero anomalo: a sviluppo orizzontale per poter ospitare una tastiera QWERTY completa, con un display alfanumerico “vero” (seppur non grafico) e con un interprete BASIC integrato che permetteva l’esecuzione di programmi e la programmazione di nuove utilità. Il tutto, lo ripeto, all’interno di un oggetto poco più grande di una normale calcolatrice. Era davvero una piccola rivoluzione.
Quel “PC” nella sigla del nome stava per Pocket Computer, appunto. Un vero e proprio computer che utilizzava due diversi processori a 4 bit da 256 kHz, uno come CPU principale e l’altro per gestire tastiera e display.
La memoria interna variò da 2 a 16KB di RAM negli anni, non esattamente un campione di spazio a disposizione insomma, ma sufficiente per i semplici programmi dell’epoca.
Era comunque disponibile un accessorio fondamentale che permetteva il salvataggio e il caricamento su registratore a cassetta: in pratica una interfaccia audio a cui si poteva collegare qualunque registratore esterno.
Comodo perché era di dimensioni non esagerate, gli si incastrava dentro direttamente il PC-1211 e lo si collegava tramite due classici cavetti stereo al proprio registratore.
Il consumo era irrisorio: appena 11 milliwatt forniti da quattro pile a bottone inserite all’interno che assicuravano una durata di letteralmente mesi.
Per cambiarle andavano svitate le quattro viti del coperchio metallico posteriore, rivelando tutta l’elettronica interna. Non c’era insomma un classico sportellino per il cambio batteria come potremmo aspettarci oggi, tanto di rado veniva effettuata questa operazione.
Lo schermo era un LCD dot-matrix che riusciva a mostrare una singola riga di testo di massimo 12 caratteri (24 nei modelli successivi) con il cursore che poteva muoversi a sinistra e destra per rivelare testi più lunghi.
Era disponibile anche una piccola stampante portatile che stampava su carta a rullo. Gli si poteva infilare dentro il PC-1211 utilizzando la stessa porta di espansione che si usava per l’interfaccia cassette e permetteva di stampare direttamente con il comando PRINT dal BASIC interno.
Pensate che comodità in mobilità poter far girare i propri programmi, inserire al volo variabili e dati sul campo, e ottenere risposta stampata su nastro in tempo reale, il tutto con un oggetto tascabile. Eravamo, lo ripeto ancora, nel 1980.
Lo Sharp PC-1211 fu un piccolo successo in una nicchia che praticamente creò da zero e arrivò negli Stati Uniti rimarchiato da Radio Shack come TRS-80 Pocket Computer.
Il nome riprendeva la sigla TRS-80 utilizzata nel 1977 per il primo Home Computer di Radio Shack prodotto da Tandy, cavalcandone la celebrità tra gli appassionati di informatica dell’epoca.
Radio Shack fece uscire una campagna pubblicitaria con addirittura Isaac Asimov come testimonial. Il famoso scrittore teneva in mano il TRS-80 Pocket Computer e il claim recitava:
“Fino a qualche anno fa l’idea di un computer che si potesse tenere in tasca era solo fantascienza.”
Come dargli torto.
Continua a leggere la Nascita dei PDA in quattro diversi articoli su EPIC.03 e qui sul sito:
- Sharp PC-1211
- Psion Organiser
- Apple Newton MessagePad
- La Storia di Palm Inc.
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